giovedì 9 luglio 2015

Nel mare della Speranza.

Se c’è una materia da cui dovremmo ogni giorno imparare, quella è la Storia.

La storia di un Occidente oggi tanto ricco quanto povero di spirito, consapevole che anni ed anni di sviluppo tecnologico, hanno invece portato l’umanità a regredire, spingendo l’uomo del ventunesimo secolo alla ricerca sempre più sfrenata del potere economico. Diverse sono state le tecniche utilizzate per attuare strategie di conquista che potessero, in qualche modo, differenziarsi da quelle che hanno caratterizzato gli anni delle dittature e delle guerre mondiali.
                                               Le strategie delle missioni di  pace.
Creare terrorismo psicologico attraverso la manipolazione dell’informazione mediatica, per poi alimentare violente rivolte contro il dittatore di un certo paese, avrebbe così permesso a potenze mondiali di esportare egoisticamente la propria “democrazia” per poi instaurarvi un governo fantoccio. Ma quali le conseguenze? Quali risultati possiamo oggi raccogliere sopratutto in Europa?
Quando si parla di immigrazione dobbiamo ormai soffermarci su due visione ben diverse:
quella del finto perbenista che pensa di risolvere il problema “regalando il pane” e quella di chi si oppone a questo enorme flusso migratorio riflettendo sulle conseguenze oramai evidenti; questi ultimi, difendendo di pari passo le identità dei popoli, sostengono l’idea di un continente che possa rialzarsi solo “imparando a infornare”; disegno che non giova sicuramente alle numerose multinazionali che ogni giorno si arricchiscono derubando ad altri popoli ingenti risorse.
Secondo dati più recenti, quello dell’immigrazione rappresenterebbe un enorme business da 2.000.000 euro al giorno per i professionisti dell’accoglienza,  almeno è quanto testimoniano i bilanci, perché la spesa media per ogni immigrato ammonta a circa 45 euro al giorno, spese enormi se consideriamo che tale somma può raggiungere i 70 euro per i minorenni.
Dentro il sistema ci stanno importanti multinazionali come la Legacoop, la Croce Rossa e  la Caritas tutte pronte a trarre enormi profitti sulla pelle dei migranti.
Non si capisce, o non si vuole capire, che sostenere il grande business dell’immigrazione significa oggi continuare a condannare migliaia di giovani a fuggire dalla propria terra alla ricerca di un lavoro che invece potrebbe essere offerto dal loro stesso paese se non fosse per il piano di sfruttamento operato in nome di un capitalismo mascherato per interventismo umanitario.
Ma l’Europa ha bisogno di manodopera a basso costo, di giovani braccia da sfruttare per continuare a garantire stabilità ad un disegno politico neoliberista.
E mentre i politici italiani si fingono impietositi di fronte l’immagine della morte nel “Mare della speranza” la loro carica politica viene salvaguardata dai finanziamenti delle stesse multinazionali che contribuiscono a gonfiare le casse dei rispettivi partiti.
Continua così la tratta degli schiavi del ventunesimo secolo: barconi carichi di uomini e donne (il più delle volte senza identità) vengono presi al largo delle coste dietro comunicazione da Roma, mentre i centri di accoglienza ormai saturi diventano luogo di proteste e dall’altro lato di profitto.
Nel nostro Sud e nel resto d’Italia, dove giungono numerosi migranti, la situazione è ormai al limite. Già da tempo si segnala in che modo molti di questi scappano (o vengono fatti scappare) dal centro di accoglienza e lasciati allo sbando. Le strade delle nostre città, abbondano ormai di migranti senza una vera e propria meta, assumendo le forme di una vera e propria invasione. L’emergenza, non solo nel soccorso ai migranti, ma anche nelle azioni di controllo e di sicurezza nei confronti dei cittadini residenti preoccupati per la situazione.
Ma il contesto attuale, quella di un’Europa ormai vicina alla distruzione della propria identità e soprattutto quello di un paese dove quotidianamente si muore di crisi e di disperazione, sembra non preoccupare una politica che, invece di attuare azioni nei paesi da cui i migranti scappano, pensa invece a cancellare la parola “clandestinità”.
Come se questo imperialismo mondiale non fosse già un reato legalizzato e voluto, concludiamo con una nota citazione di Kebi Seba:
“L’Imperialismo nasce e sussiste nel nostro malfunzionamento e per portarsi a termine, deve distruggere le matrici dei popoli. Più vi sarà degenerazione tra i ceti di bassa condizione più aumenteranno il loro profitto le classi alte. La conservazione della propria identità è l’ultimo bastione di resistenza al mondialismo” 

Antonio Casale

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